“Non dobbiamo temere l’islam”

ZENIT – Cardinal Tauran: “Non dobbiamo temere l’islam”.

GRANADA, giovedì, 18 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Cardinale Jean Louis Tauran, risponde “no” alla domanda “Bisogna avere paura dell’islam?”, titolo della conferenza che ha pronunciato il 10 febbraio a Granada (Spagna). Continua a leggere

Non saprei dirlo meglio…

… di Davide Rondoni, sul Tempo di oggi. Grazie a Lorenzo C.P. per la segnalazione!

Gli ideologi di un tribunalicchio che ancora Gli sputano in viso – Ma sì, togliamolo di mezzo Cristo. Diamo ragione a quesi palloni gonfiati della Corte che per prima cosa nel dover sentenziare di queste materie colpiscono ancora Lui, il più debole, il più villaneggiato, il più sputacchiato e martoriato tra le divinità (e tra gli uomini). Diamo ragione a quel giudice italiano che colà siede rimpinzato dal pubblico stipendio, mister Z, propagatore di cinismo intellettuale superpagato, e togliamolo di mezzo Cristo. Dà fastidio. Ha sempre dato fastidio. E per carità, sì per la carità che faceva bruciare Paolo, per la carità d’amare Lui, non difendiamolo come se fosse un soprammobile caro, un ricordo della zia, un cimelio di Stato. Continua a leggere

Quando la fede è in minoranza

Ho trovato in un post di Clairity nel blog Cahiers Péguy queste osservazioni sulla fede vissuta in un contesto di minoranza culturale, quale è quella dei cattolici statunitensi. Sono tratte da un’intervista di John Allen al nunzio apostolico negli Stati Uniti, Pietro Sambi, alla vigilia della visita del Papa. Penso che siano pienamente applicabili anche alla realtà italiana.

Come analizzerebbe la situazione che la Chiesa cattolica deve affrontare negli Stati Uniti?

Quando sei in minoranza, come lo sono i Cattolici in questa cultura, hai bisogno di tre principi forti.

Il primo è un’identità chiara, un senso chiaro di ciò che sei e di ciò che vuoi essere. Come minoranza, se non hai un’identità chiara, sarai come una goccia di vino nell’acqua… scompari.

Il secondo è un forte senso di appartenenza. Lo definirei così: hai bisogno di una comunità, e la comunità ha bisogno di te. Chiunque cammina da solo, prima o poi si perde nel deserto.

Terzo, quando sei in minoranza, hai bisogno di un impegno profondo di eccellenza. Devi eccellere nelle qualità umane, nelle qualità familiari, nelle qualità professionali, nelle qualità della vita cristiana, per essere luce per gli altri. Se non hai un senso di eccellenza, sarai sommerso dalla maggioranza.

Foto dei tulipani: OBMonkey, sxc.hu
Foto di mons. Pietro Sambi: da qui

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Libri

Buon anno a tutti!
Stavo cercando gli orari di una libreria della mia città, dove una figlia vuole andare a spendacciare tutti i soldi ricevuti in regalo a Natale, e mi sono trovata in cima al loro sito web questo aforisma:

It’s time for something radical – like read a book” (Little Steven)

Ora, a chi conosce un po’ il simpatico Little Steven è chiaro che non è proprio un topo di biblioteca, anche se sicuramente più pensoso della media dei suoi colleghi. Ma è proprio vero, un libro può scatenare piccole e grandi rivoluzioni. In questi giorni sto leggendo Il libro rosso dei martiri cinesi e devo dire che sì, l’effetto è something radical. Ho una profonda ammirazione per il popolo cinese, accresciuta dalla conoscenza personale di molti ragazzi e ragazze – immigrati dalla Cina da poco -, pieni di sorprendenti qualità umane, e dalla lettura del bellissimo Cigni selvatici, quest’estate, quasi settecento pagine lette tutte d’un fiato. Ma scoprire, ora, la ricchezza e la forza della fede dei cristiani cinesi, mi sta riempiendo anche di gratitudine. Sto cominciando a vedere come la pace e la libertà di cui godiamo qui in occidente, nonostante tanti nostri brontolii, sia un tesoro che ci viene conquistato anche attraverso la comunione con questi santi sconosciuti, limpidi e gioiosi, che hanno offerto e offrono a Dio le asprezze delle persecuzioni che subiscono per amore della Chiesa, cioè per noi. Ed è molto radical in me il sentimento di responsabilità che sento crescere di fronte a loro: voglio in qualche modo ricambiare tanto amore, tanta fedeltà, dando una scossa alla mia fede comodosa e torpida.

A good book is never exhausted. It goes on whispering to you from the wall.” (Anatole Broyard)

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Opus Dei e vocazione

Qualche giorno fa ho fatto una ricerca su cosa si dice dell’Opus Dei in giro per i blog. Sapete com’è, mi sento un po’ coinvolta. E così ho scoperto che circolano le idee più strane, e anche tendenzialmente trucide, sulla gente dell’Opus Dei. La cosa mi disturba leggermente perchè, nonostante tutti i miei rutilanti difetti, non mi sembra di essere tanto trucida. Né tantomeno lo è la gente dell’Opera che conosco.

Ma più che spulciare le accuse e ribattere, cosa che altri sanno fare molto meglio, vorrei semplicemente dire cosa vuol dire per me essere dell’Opus Dei.

E’ una semplice declinazione della vocazione cristiana.

Io sono cristiana, cattolica, e lo sono “così”: secondo lo spirito dell’Opus Dei. Tecnicamente parlando, ho la vocazione all’Opus Dei. Questo significa che, del messaggio cristiano, mi sento chiamata ad andare alla radice su alcuni aspetti, come altri, di altre istituzioni movimenti aggregazioni ecc., sono chiamati a viverne in profondità certi altri. Continua a leggere